La voce di Guido Notari, in una delle ultime Settima INCOM girate prima della sua morte, forse proprio la numero 1.500, lo avrebbe descritto così:
“Orgoglioso dei suoi primi trent’anni di vita compiuti nel 1933, ha avuto modo di conoscere la fase più inebriante dell’industria motoristica europea, forse mondiale.
Si può dire che abbia mosso i suoi primi passi insieme alle molte centinaia di pionieri che all’approssimarsi degli anni ’10 del ‘900 in tutta Italia, così come in Francia, Inghilterra, Repubblica Ceca, Germania, Polonia, Spagna hanno mosso i loro primi passi nella costruzione di motociclette e automobili e che hanno così delineato i riferimenti tecnici degli anni a venire. Sul finire del decennio successivo è cresciuto raggiungendo il pieno vigore della sua entusiasmante gioventù e dunque sul finire dei ruggenti anni ’20 ha così visto molte, a volte anche affermate, realtà chiudere i battenti, lasciando però spazio a una giovane generazione di costruttori che daranno vita al più creativo settore industriale del primo ‘900.
Con la maturità è entrato in una fase straordinaria e al contempo critica della Storia mondiale, approcciando esperienze di enorme impatto, a volte sconvolgenti, attraversando il continente e scoprendo la nascente industria automobilistica statunitense. Auto definendosi uomo di mezza età, con l’avvento degli anni ’50 e del nuovo riassetto politico in corso nel continente europeo e non solo, ebbe la possibilità di analizzare il passaggio dell’industria auto e motociclistica dall’euforia pioneristica degli albori a un intenso desiderio di organizzazione e impostazione tecnologica della vita d’azienda.
Dopo aver assistito a qualche interessante, anche se ormai sporadico, esperimento di innovazione negli anni ’60, sul finire del decennio, decise di avviarsi a una fase di serena anzianità, osservando con alterno interesse il travolgente ingresso sul mercato europeo e statunitense dei costruttori nipponici …”
