Bugatti e il sigaro

Periodo: Alsazia, luglio 1930.

Scena:  Ettore Bugatti su una “Tipo 46” sale al Mont Saint Odile a metà mattina.

 

“... ecco la cattedrale di Rosheim, questa mattina sono stato più veloce del solito!

Fa già così caldo che i grossi blocchi di pietra dei Vosgi sembrano sbiaditi; hanno perso la loro caratteristica venatura corallo, sembra quasi stiano per evaporare.
L’afa inizia a farsi opprimente! Per fortuna la foresta di Bishoffsheim copre la strada fino a Boersch. Ah… ecco! che sollievo questa penombra, sembra quasi che l’abitacolo sia più fresco.

Uh: l’abitacolo!

Al ritorno alla fabbrica devo ricordarmi di riferire a Monsieur Bertrand quell’idea su di un portacenere per automobile. Certo ci vorrà un legno pregiato, all’altezza dei tabacchi scelti dai miei clienti; però debbo realizzare al più presto un disegno del meccanismo di chiusura: non posso permettere che un’accidentale fuoriuscita delle ceneri imbratti i loro abiti o le tappezzerie del rivestimento interno dell’abitacolo.”

Intanto Ettore era quasi in prossimità del bivio Saint – Leonard, a lui molto caro; lì una piccola strada conduce a una proprietà dei De Dietrich: Chateau de la Leonardsan. E non è solo il ricordo del suo esordio come progettista di automobili alla De Dietrich a occupargli la mente; il suo pensiero corre veloce, quasi come le sue auto, alle scuderie di quella tenuta, alle proprie scuderie, alla passione per i cavalli, ...pour les pur – sang!

E… i cavalli! La specie equina appariva ai suoi occhi come un messaggio della natura: la potenza imbrigliata nella grazia dei lineamenti, perfettamente proporzionati…  Ed Ettore sapeva che per il suo Brouillard, il cavallo che egli preferiva, tutto ciò corrispondeva al vero.

Mentre questi pensieri ora allegri davano ristoro alla mente operosa e infaticabile del Patron, la sua Tipo 46 carrozzata limousine da Gangloff filava veloce.

Monsieur Bugatti, Monsieur Bugatti! Bonne journée!
Bonjour Maurice, ça va?”

Arrivato a Ottrot, Ettore rallentava sempre all’altezza dell’abitazione di Maurice, il venditore di potassio; anzi, nell’affrontare la curva a sinistra che porta alla salita che conduce al monte Saint – Odile rallentava così tanto da poter scambiare un saluto. Non si erano mai presentati ufficialmente e non avevano mai avuto occasione di incontrarsi in pubblico, ma la consuetudine di quella strada o, meglio, di quel percorso che dal lontano dicembre 1909 era diventato il banco di prova per le sue vetture, aveva creato nel corso degli anni una strana confidenza che portava Ettore a essere quasi “riconoscente” nei confronti di quella terra e di quel popolo che tanto aveva influenzato la propria vita.

“Credo di aver fatto una buona scelta decidendo di montare anche su questo modello i cerchi ruota del Tipo 41.”

E il fresco, Ettore, iniziava ad avvertirlo davvero; aveva ormai percorso qualche tornante e gli alberi che popolano la foresta di Saint – Nabor lo separavano dalla caligine appiccicosa del giorno, sprofondandolo nella quiete della foresta.

Ancora qualche tornante in quella fresca penombra e si sarebbero trovati soli lui e il rombo della propria Tipo 46.

Il Patron guidava lesto e le curve della salita che lo stavano conducendo al monte Sainte – Odile richiamavano poco alla volta quella sensazione di stupore che lo pervadeva sempre quando, giunto all’ultima curva, dalla foresta sarebbe apparso sulla sommità del monte l’intero complesso monastico, irradiato dal sole sfolgorante di luglio.

“Oh… ecco il monastero. Quanto deve aver sofferto la povera Odile e che destino atroce la sua famiglia!”

A questo pensava Ettore; intanto si stava dirigendo verso la cappella della Santa e cercava dentro di se il giusto raccoglimento.
Anch’egli, come un po’ tutti gli Alsaziani, si recava volentieri al monastero, ma la sua non era vera e propria devozione alla Santa, era soprattutto affetto per quel luogo quieto, un po’ etereo. Gli dava un senso di profonda pace e di serenità.
Dopo la devozione e dopo aver sostato un po’ in giardino a osservare i giochi d’acqua della fontana, era giunto alla terrazza panoramica, per lui vero e proprio ristoro di quel luogo.

La Royale des automobiles… sono ormai quattro anni che ci lavoro, me la ricordo ancora col suo primo abito: una carrozzeria torpedo di derivazione Packard.”

La sua mano stava scivolando all’interno della giacca alla ricerca dei preziosi fiammiferi di legno; di lì a poco il gusto della serenità avrebbe pervaso il suo palato. Già avvertiva la callosa rugosità del proprio Toscano. All’interno della giacca si era fatto cucire un’apposita tasca in pelle, per poter conservare la fragranza e l’aroma di questo fantastico prodotto italiano, anche durante i viaggi. Era proprio Bartolomeo Costantini a rifornirlo di questa prelibatezza.
Ettore non aveva mai preso la nazionalità francese, egli era e si sentiva italiano e, dunque, non poteva che fumare… italiano.
Si era spostato nell’angolo della terrazza vicino alla piccola cappelletta, al riparo dal vento. Le labbra stavano stringendo il voluttuoso involto, la mano sinistra provvedeva a l’allumage e la destra faceva girare il Toscano su se stesso affinché l’accensione fosse completa. 

“Ah… la prima boccata! Non certo la migliore, ma di sicuro la più seducente.”

Ora anche la sua mente era sospesa fra quelle nubi di fumo; non solo il suo volto trovava ristoro da quel vaporoso aroma, ma tutto il suo spirito si stava rallegrando di tale abbondanza.
La mente adesso era serena, i pensieri leggeri, un po’ come il fumo che avvolgeva il suo viso e lieve si innalzava svanendo nel cielo soprastante. Il panorama sotto di lui era appiattito dalla veemenza dei raggi del sole e la caligine appiccicosa del giorno annebbiava l’orizzonte, quasi a creare una continuità tra il fumo del suo Toscano e il vapore in lontananza…

Ettore ora pensava nuovamente alla Tipo 41 e al successo di pubblico che per essa, in cuor suo, tanto desiderava. Aspirava lentamente e cercava di decifrare ogni sfumatura di gusto; a ogni boccata espulsa, la Royale, che ora aveva preso pieno possesso della sua mente, diventava ancora più sfarzosa, ancora più ambita…

 

Finale: forse Ettore Bugatti non ha mai fumato un sigaro in tutta la sua vita, ma a me piace immaginarlo così: assorto in una nube di fumo mentre dalla cima del Mont Saint Odile fantastica la sua regale Tipo 41 Royale.

Gli Interpreti


 

Le fonti


Bugatti e il sigaro. Ecco le fonti bibliografiche che hanno reso possibile questo racconto nei testi, nelle immagini e nell'ispirazione.

  • Bugatti Magnum - Hugh Conway, Maurice Sauzay - 1990 - Ed. G. Nada
  • Bugatti - from Milan to Molsheim - Uwe Hucke, Julius Kruta - 2008 - Ed. Verlagshaus Monsenstein und Vannerdat
  • Divina Bugatti - Autori vari - 1991 - Ed. F.M.R.

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